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Τρίτη 7 Μαΐου 2013
Κυριακή 6 Ιανουαρίου 2013
La storia della Befana
La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte col cappello alla romana viva viva la Befana! |
L’iconografia è fissa: un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate. Si rifà al suo aspetto la filastrocca (la Befanata) che viene recitata in suo onore: La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte col cappello alla romana viva viva la Befana!
Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, a cavalcioni di una scopa, sotto il peso di un sacco stracolmo di giocattoli, cioccolatini e caramelle (sul cui fondo non manca mai anche una buona dose di cenere e carbone), passa sopra i tetti e calandosi dai camini riempie le calze lasciate appese dai bambini. Questi, da parte loro, preparano per la buona vecchia, in un piatto, un mandarino o un’arancia e un bicchiere di vino. Il mattino successivo insieme ai regali troveranno il pasto consumato e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto.
Nella società contadina e preindustriale, salvo rari casi, i doni consistevano in caramelle, dolcetti, noci e mandarini, insieme a dosi più o meno consistenti (a insindacabile giudizio della Befana) di cenere e carbone, come punizione delle inevitabili marachelle dell’anno. La Befana, tradizione tipicamente italiana, non ancora soppiantata dalla figura “straniera” di Babbo Natale, rappresentava anche l’occasione per integrare il magro bilancio familiare di molti che, indossati i panni della Vecchia, quella notte tra il 5 e il 6 gennaio, passavano di casa in casa ricevendo doni, perlopiù in natura, in cambio di un augurio e di un sorriso.
Oggi, se si indossano gli abiti della Befana, lo si fa per rimpossessarsi del suo ruolo; dispensatrice di regali e di piccole ramanzine per gli inevitabili capricci di tutti. Dopo un periodo in cui era stata relegata nel dimenticatoio, ora la Befana sta vivendo una seconda giovinezza, legata alla riscoperta e alla valorizzazione delle antiche radici e della più autentica identità culturale.
Σάββατο 5 Ιανουαρίου 2013
La famiglia della Befana
Ogni casa, si sa, è la casa di una famiglia. Ed anche la nostra vecchia Befana aveva una sua famiglia. Nessuno in realtà ne sapeva niente, ma tutti dicevano di conoscere anche i più piccoli dettagli sui parenti della Befana. Tutti dicevano che la sua era una famiglia, a dire il vero, molto strana e bizzarra.
Il termine “Befana” deriva dal greco “Epifania” che significa “apparizione, manifestazione”. |
Σάββατο 15 Δεκεμβρίου 2012
Κυριακή 9 Δεκεμβρίου 2012
Perchè si dice Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi?
Σάββατο 8 Δεκεμβρίου 2012
Da dove deriva Rudolph la renna?
Una leggenda moderna nata negli Stati Uniti è quella della nona renna, inventata negli uffici della Montgomery Ward (una grande catena di magazzini americani) nel 1939, quando la direzione decise di donare ai propri clienti una nuova favola per Natale. Nacque così Rudolph, la renna "dal grosso naso rosso", una specie di "brutto anatracolo" salvato dall’emarginazione da Babbo Natale che del suo difetto fisico fece un pregio nelle lunghe notti di nebbia.
Volete condividere le vostre storie o leggende di Natale?
Mandateci un' e-mail: info@italianonline.eu
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Δευτέρα 3 Δεκεμβρίου 2012
La storia di Babbo Natale
Babbo Natale, o almeno un personaggio molto simile è realmente esistito; si tratta di San Nicola. Nato a Patara, in Turchia, da una ricca famiglia, divenne vescovo di Myra, in Lycia, nel IV secolo e forse partecipò al Concilio di Nicea nel 325. Quando morì le sue spoglie, o le presunte tali, vennero deposte a Myra fino al 1087. In quest'anno infatti vennero trafugate da un gruppo di cavalieri italiani travestiti da mercanti e portate a Bari dove sono tutt'ora conservate e di cui divenne il santo protettore.
Negli anni che seguirono la sua morte, si diffusero numerosissime leggende. Una tra le più famose e confermata da Dante nel Purgatorio (XX, 31-33) è quella delle tre giovani poverissime. Nicola, addolorato dal pianto e commosso dalle preghiere di un nobiluomo impossibilitato a sposare le sue tre figlie perché caduto in miseria, decise di intervenire lanciando per tre notti consecutive, attraverso una finestra sempre aperta dal vecchio castello, i tre sacchi di monete che avrebbero costituito la dote delle ragazze. La prima e la seconda notte le cose andarono come stabilito. Tuttavia la terza notte San Nicola trovò la finestra inspiegabilmente chiusa. Deciso a mantenere comunque fede al suo proposito, il vecchio dalla lunga barba bianca si arrampicò così sui tetti e gettò il sacchetto di monete attraverso il camino, dov'erano appese le calze ad asciugare, facendo la felicità del nobiluomo e delle sue tre figlie.
In altre versioni posteriori, Nicola regalava cibo alle famiglie meno abbienti calandoglielo anonimamente attraverso i camini o le loro finestre. In ogni caso San Nicola divenne nella fantasia popolare "portatore di doni", compito eseguito grazie ad un asinello nella notte del 6 dicembre (S. Nicola, appunto) o addirittura nella notte di natale. Il nome olandese del santo, Sinter Klass , venne importato in America dagli immigrati come Santa Claus (abbreviazione di Sanctus Nicolaus) , la cui traduzione in italiano è solitamente Babbo Natale.
Conoscete altre storie natalizie?
Mandateci la vostra storia via mail: info@italianonline.gr
Negli anni che seguirono la sua morte, si diffusero numerosissime leggende. Una tra le più famose e confermata da Dante nel Purgatorio (XX, 31-33) è quella delle tre giovani poverissime. Nicola, addolorato dal pianto e commosso dalle preghiere di un nobiluomo impossibilitato a sposare le sue tre figlie perché caduto in miseria, decise di intervenire lanciando per tre notti consecutive, attraverso una finestra sempre aperta dal vecchio castello, i tre sacchi di monete che avrebbero costituito la dote delle ragazze. La prima e la seconda notte le cose andarono come stabilito. Tuttavia la terza notte San Nicola trovò la finestra inspiegabilmente chiusa. Deciso a mantenere comunque fede al suo proposito, il vecchio dalla lunga barba bianca si arrampicò così sui tetti e gettò il sacchetto di monete attraverso il camino, dov'erano appese le calze ad asciugare, facendo la felicità del nobiluomo e delle sue tre figlie.
In altre versioni posteriori, Nicola regalava cibo alle famiglie meno abbienti calandoglielo anonimamente attraverso i camini o le loro finestre. In ogni caso San Nicola divenne nella fantasia popolare "portatore di doni", compito eseguito grazie ad un asinello nella notte del 6 dicembre (S. Nicola, appunto) o addirittura nella notte di natale. Il nome olandese del santo, Sinter Klass , venne importato in America dagli immigrati come Santa Claus (abbreviazione di Sanctus Nicolaus) , la cui traduzione in italiano è solitamente Babbo Natale.
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Πέμπτη 22 Νοεμβρίου 2012
L'italiano è una lingua di cultura
STORIA: chi ha studiato un po' di letteratura greca ricorderà che il primo autore ad aver usato questo termine è stato Erodoto di Alicarnasso, il quale intitolò Historìai (Storie) l'opera che gli ha concesso una fama sempiterna. Il significato del vocabolo non era ancora, però, quello del nostro "storia", ma alludeva al lavoro di indagine preliminare alla stesura dell'opera stessa. Il verbo historein indica, infatti, il concetto di "ricercare" prima che quello di "raccontare" e il sostantivo histōr-oros si traduce con "esperto, colui che conosce" e conosce perché ha visto: per gli antichi, la fonte storica più attendibile era un testimone oculare. Il termine historìa contiene appunto la radice del perfetto oîda (conosco), legato a sua volta alla nozione del "vedere" espressa in indoeuropeo come *woid- (vid-/fid-/id-tor) da cui deriva anche il verbo latino video.
http://www.facebook.com/notes/tra-mimesi-ed-etimologie/litaliano-è-una-lingua-di-cultura/437396922976783
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Πέμπτη 8 Νοεμβρίου 2012
Τρίτη 10 Απριλίου 2012
Che significato hanno le uova di Pasqua?
L'uovo ha avuto marcati tratti simbolici sin dai tempi antichi, come nel caso del simbolo dell'uovo cosmico. Le uova, infatti, hanno spesso rivestito il ruolo del simbolo della vita in sé, ma anche della sacralità: secondo alcune credenze pagane e mitologiche del passato, il cielo e il pianeta erano considerati due emisferi che andavano a creare un unico uovo, mentre gli antichi Egizi consideravano l'uovo come il fulcro dei quattro elementi dell'universo (acqua, aria, terra e fuoco).
La tradizione del dono di uova è documentata già fra gli antichi Persiani, dove era diffusa la tradizione dello scambio di semplici uova di gallina all'avvento della stagione primaverile, seguiti nel tempo da altri popoli antichi quali gli Egizi, i quali consideravano il cambio di stagione una sorta di primo dell'anno, i Greci e i Cinesi. Spesso le uova venivano rudimentalmente decorate a mano.
La tradizione del dono di uova è documentata già fra gli antichi Persiani, dove era diffusa la tradizione dello scambio di semplici uova di gallina all'avvento della stagione primaverile, seguiti nel tempo da altri popoli antichi quali gli Egizi, i quali consideravano il cambio di stagione una sorta di primo dell'anno, i Greci e i Cinesi. Spesso le uova venivano rudimentalmente decorate a mano.
Πέμπτη 5 Ιανουαρίου 2012
Σάββατο 16 Απριλίου 2011
Curiosità sulla Pasqua
L'UOVO di cioccolata regalato in occasione della Pasqua è sicuramente l'immagine che maggiormente ricorre nell'evento pasquale. Già presso popolazioni e civiltà antiche l'uovo era considerato simbolo di eternità, di nuova vita, di rinascita, e proprio con questo significato venne a far parte della tradizione cristiana richiamando alla risurrezione di cristo, al Figlio di Dio che ha vinto le tenebre della morte ed ha riscattato l'intera umanità dal peccato introducendoci alla vita eterna.
Tra i diversi richiami pasquali che fanno bella mostra di sé nelle vetrine dei negozi compare anche un simpatico CONIGLIETTO che porta delle uova. La sua presenza non è casuale ma si richiama alla lepre che sin dai primi tempi del cristianesimo era presa a simbolo di Cristo. Come Gesù stesso aveva detto di sé: "Le volpi hanno una tana e gli uccelli un nido, ma il Figlio dell'uomo non ha un posto dove poter riposare" (Lc 9,58), così anche la lepre non ha tane né case, è un animale gentile che simboleggia la nuova vita che ritorna ogni promavera.
Inoltre, la lepre, con la caratteristica del suo manto che cambia colore secondo la stagione, venne indicata da sant'Ambrogio come simbolo della risurrezione.
E' consuetudine nel periodo pasquale regalare la COLOMBA, un dolce la cui forma ricorda quella di una colomba con ali distese. La colomba richiama all'episodio del diluvio universale descritto nella Genesi (Gn 8,10-11), allorché ritornò da Noeè tenendo nel becco un ramoscello di ulivo, un messaggio di pace: il castigo divino concluso, le acque del diluvio si stanno ritirando, inizia un'epoca nuova per l'umanità intera. La colomba diventa quindi simbolo della pace, e nel periodo pasquale questa simbologia richiama alla pace portata da Gesù, il "Principe della Pace", che con il suo sacrificio ha riconciliato l'uomo a Dio, suo Padre.
Con il termine PASQUETTA si indica, popolarmente, il primo lunedì dopo la domenica di Pasqua (propriamente chiamato: Lunedì dell'Angelo). Con questa festa si vuole ricordare l'apparizione di Gesù risorto ai due discepoli in cammino verso il villaggio di Emmaus, a pochi chilometri da Gerusalemme. E' consuetudine tra i cristiani, proprio per ricordare il viaggio dei due discepoli, di trascorrere questa giornata con una passeggiata "fuori le mura": una "scampagnata" fuori città.
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